La dolce villa è una commedia romantica che esplora il fascino della vita in un piccolo borgo italiano attraverso la storia di Olivia e il suo sogno di ristrutturare una villa.
La dolce villa (Love in the villa), recensione: Italia sì, Italia no
Già nei primissimi minuti, il film lancia una sentenza del calibro di “ nessun viaggio in Italia può essere una vacanza ”, il che non è certo un buon inizio. Come spesso accade quando le produzioni americane decidono di ambientare le loro storie nello Stivale, il rischio di scadere nel trash involontario è sempre in agguato. La dolce villa , un titolo che sembra promettere molto, non si distingue affatto dai tanti film a tema, presentando nel corso dell’ora e mezza di visione una canonica serie di cliché e luoghi comuni con cui gli italiani sono spesso rappresentati all’estero. La bellezza della vita semplice, con il verde della natura rigogliosa e la buona cucina, fa da sfondo a una forzata love story tra i due protagonisti, che si innamorano mentre tentano di ristrutturare una casa diroccata.
Cliché e Luoghi Comuni
- La vita semplice e il verde della natura.
- La buona cucina e il buon bere.
- La love story forzata tra i protagonisti.
Il film, purtroppo, non brilla né per stile né per ritmo, limitandosi a seguire una sceneggiatura stanca e prevedibile, con risvolti romantici poco ispirati. La comunità toscana di San Quirico, insieme a sprazzi di Pienza e Montepulciano, funge da palcoscenico sfruttato senza troppa ispirazione . Nonostante l’impegno di Violante Placido , che riesce a risultare spontanea e simpatica nel ruolo della sindaca, il resto del cast presenta personaggi secondari caricaturali, come le tre anziane del paese e il belloccio Eric interpretato da Scott Foley , che incarna il classico fascino da copertina, ma senza alcuna profondità.
Un plot poco originale
Se da un lato Violante Placido riesce a risultare spontanea e simpatica nel ruolo della sindaca che si prende a cuore il caso dei nuovi arrivati, dall’altro il resto del cast non brilla affatto. Le figure secondarie, a partire dalle tre anziane del paese, sono costruite su un’impronta caricaturale . L’Eric interpretato da Scott Foley è il classico belloccio da copertina, con quel fascino sul brizzolato andante d’ordinanza, capace di intercettare l’apprezzamento del pubblico femminile.
Il regista e la sceneggiatura
Il regista Mark Waters , noto per film come *Quel pazzo da venerdì* (2003) e il sequel *Babbo bastardo 2* (2016), ha negli ultimi anni indirizzato la sua carriera verso commedie a tema, spesso con risultati deludenti. In questo caso, l’operazione non brilla né per stile né per ritmo , limitandosi a seguire una sceneggiatura stanca, riproponendo risvolti prevedibili e un romanticismo annacquato . La ridente comunità toscana di San Quirico , con sprazzi di Pienza e Montepulciano , funge da palcoscenico sfruttato senza troppa ispirazione.
